Un caffè con ... GRETA ZUCCOLI
Aggiornamento: 4 giu 2021
Intervista #13
Ciao Greta grazie per essere qui insieme a noi nel mondo immaginario di Bibliomusique. Partiamo da una "semplice" domanda. Quando è scattata in te la passione per la musica e
in particolare per il canto?
A casa mia si è sempre ascoltata tantissima musica, dal cantautorato italiano alla musica folk americana. Sono cresciuta con questi ascolti. Non avrei mai immaginato di fare la cantante nella vita. Ed invece ad un certo punto ho sentito l’esigenza di esprimermi attraverso la mia voce. È stato molto naturale. Avevo 14 anni e ho regalato a mio padre un disco masterizzato da me, molto home-Made, con delle mie cover. Nessuno sapeva che cantassi in famiglia, non lo facevo mai, neanche sotto la doccia. Mio padre ne rimase colpito. Quello è stato il mio primo impatto con un pubblico! Poi ho iniziato a studiare...
Nel 2017 con il progetto Greta and the Wheels ricordo la bellissima "Darwin" con il videoclip girato da Alessandro Freschi. Il brano parte con un ticchettìo dell'orologio che ritmicamente scandisce il tempo. Cosa rappresenta per te questa metafora? Il passare del tempo è un qualcosa che ti spaventa o in un certo qual modo fa parte del tuo essere ?
Darwin rappresenta una visione un po’ distopica del mondo, ma soprattutto il desiderio di osservarlo da una prospettiva diversa. Ho immaginato di avere l’opportunità di prendere delle ali in prestito da una farfalla e di guardare il mondo dall’alto, provare in qualche modo a spiegarmi quelle complesse dinamiche che fanno parte della realtà, del nostro mondo, che mi sembrava sempre meno “umano”. Il tempo è un fattore molto determinante di questa canzone. Con Alessandro Freschi abbiamo cercato di creare un microcosmo in cui c’è una Greta in miniatura che prova a guardarsi attorno, in un mondo decisamente più grande di lei, che si muove velocissimo tra macchine volanti e “business men” con grandi orologi al polso -ancora una volta il riferimento al tempo- chiedendosi dove sia finita l’umanità. In questo “percorso” ho immaginato i diversi capitoli di una storia, che non si rivela altro che essere un brutto sogno. Un incubo che parte proprio da quel concetto del tempo e che vede la ricorrenza di questo orologio, filo conduttore con la sveglia che si vede alla fine del video e mi riporta da quel microcosmo, alla realtà.
Cerco di avere un rapporto sano con il tempo, ma direi che non mi spaventa il passare del tempo. Almeno non troppo. Soprattutto non sempre. Bisogna costruirsi un “proprio tempo”, nel tempo. Come fosse anch’esso un microcosmo alla Darwin. Ruotare le proprie lancette e accordarsi con il proprio spazio, provando a godersi ogni istante. Non ci riesco sempre. Il più delle volte “le mie lancette” sono accordate all’indietro. Ma cerco di ricordarlo.
Nel tuo canale ufficiale ci sono due video diario del tuo percorso musicale molto esplicativi ed emozionanti. Damien Rice è arrivato come un fulmine a ciel sereno nella tua vita catapultandoti immagino, in un modo che avevi da sempre sognato. Una tournée internazionale, il Wood water wind tour, una data speciale all'Olympia di Parigi, luogo sacro che per intenderci ha visto la nascita delle piu' affermate stelle della musica. Cosa ricordi in particolare di quel periodo?
Come ti sentivi quando eri in tour con Damien e come ti senti oggi ricordando quei momenti?
E’ senza dubbio l’artista che mi ha maggiormente influenzato, in una fase per altro molto delicata del mio percorso artistico. Un momento cruciale, di formazione e crescita. Rappresenta senza dubbio l’incontro grazie al quale ho deciso di fare di questa passione un lavoro. Delle esperienze al suo fianco, ricordo il desiderio di assorbire il più possibile quell’energia speciale, ma sempre in silenzio, in punta di piedi, con la discrezione ed il rispetto che meritano certe anime. Non so spiegare l’emozione che si prova a condividere il palco con il proprio artista preferito. La cosa più bella è che non mi sono mai sentita inadeguata al suo fianco, anche suonando in teatri decisamente più grandi di me. Questo accade quando si crea una magia e quando la musica riesce ad abbracciarti talmente forte da farti capire che sei esattamente nel posto giusto, a fare la cosa giusta.
Quest'anno è arrivata per te anche l'importantissima esperienza del Festival di Sanremo nella categoria nuove proposte. "Ogni cosa sa di te" prodotta da Diodato e Tommaso Colliva con gli archi di Rodrigo D'Erasmo , (membro degli Afterhours) è un brano molto intimo e atemporale, un
vero e proprio viaggio nel subconscio . Quando è nata l'idea di questa canzone e cosa ti ha spinto a partecipare al settantunesimo Festival di Sanremo.
È nata di notte. In un momento in cui avevo una forte esigenza di liberarmi di un peso gigante che sentivo, ma non riuscivo a reagire. Finchè mi sono messa al piano. Le prime parole della canzone sono uscite fuori di getto. Il desiderio di avvicinarmi ad una persona era tanto forte quanto la consapevolezza di non poterci riuscire. Ed allora, partendo da questa storia d’amore, ho iniziato a ragionare su tante cose di me, sui conflitti della mia persona, il contrasto perenne tra leggerezza e peso, luci ed ombre. Grazie a questa canzone sono riuscita a farci pace. Almeno in parte. Era da un po’ che sentivo la necessità di esprimermi nella mia lingua, dopo aver scritto musica in inglese per diversi anni. Questa canzone rappresenta la mia rivoluzione, il punto di partenza per un cambiamento, dentro e fuori la musica. Quando l’ho ascoltata, nella prima bozza dell’arrangiamento, ho sentito un’emozione particolare. Rappresentava la mia fotografia, quello che ero in quel momento. Così, ho scelto di portare questa fotografia al Festival.
Quali sono i tre dischi che porteresti con te su un'isola
deserta?
Domanda difficilissima. Non potrebbero mancare sicuramente O di Damien Rice, Grace di Jeff Buckley e Ok Computer dei Radiohead. Ma tre sono decisamente troppo pochi!
Se dovessi paragonare la tua vita ad un film, quale sarebbe e perchè?
Anche questa è una domanda molto difficile! Mi venivano in mente alcuni film che hanno a che fare con la musica e la dimensione del caso, una componente in cui credo tanto, che mi ha fatto capire che la vita è fatta delle persone che incontri. Ma io sono una grande sognatrice, malinconica, innamorata di “Eternal Sunshine Of The Spotless Mind”. È il mio film preferito. Lo cito perché credo sia molto difficile trovare un film che possa raccontare la vita di qualcuno. Ma ci sono film che invece evocano forti emozioni e sono più vicini al nostro modo di interpretare la vita. Prima parlavamo del concetto del tempo. MI piace quel modo che hanno i due personaggi di rincorrersi, fuori e dentro il tempo, lottare contro il tempo per salvarsi, anche se consapevoli di aver determinato quel finale, provando a cambiarlo. Il mio presente è molto più passato che presente, molto più ricordi che futuro. Mi sono ispirata al mood di questo film quando abbiamo girato il video di Ogni Cosa Sa Di Te. Immaginavo i due amanti (i ballerini) come il ricordo di una storia che prendeva vita e che pian piano si prende cura di me. In quell’abbraccio finale mi sento finalmente in pace con me stessa, oltre ogni conflitto interiore. Come se i pezzi del puzzle sapessero come ricomporsi, in un continuo entrare ed uscire dalla mia mente. Potrei parlarne per ore…
Quali sono i progetti futuri di Greta? C'è un nuovo disco all'orizzonte? Parlaci un pò di questa fase del tuo percorso musicale da solista regalandoci se ti va qualche anticipazione.
È un momento di grande sperimentazione, in cui ancora una volta mi sto mettendo alla prova. Sto scrivendo tanto, suonando, lavorando a musica nuova, preparando un mio set per i prossimi live.
Tutto questo è molto entusiasmante! Prestissimo uscirà qualcosa di nuovo. Non dico altro per ora!
Grazie mille per essere stata insieme a noi. Ti saluto però con un'ultima domanda che in realtà è piu' un esercizio alla Marzullo. Manda un augurio alla Greta del 2030.
Di essere sempre curiosa di scoprire cosa può diventare, avere il desiderio di spingersi sempre oltre, andare a scavare sempre più nel profondo di se stessi, restando fedeli alla propria natura, ma senza paura di non riconoscersi nel cambiamento.
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